con ilsostegno di Compagnia Licia Lanera, Ombre -Associazione Culturale, Teatro Rossini
e Assessorato alla Cultura Comune di &lels del Colla
è Valerio Peroni
i
Alice Occhiali luci
Cristian Allegrini
consulenza artistica
Valerio Peroni
Alice Occhiali
luci
Cristian Allegrini
musiche e suoni
Giuseppe Casamassima
fonale
Silvia Rossini
organizzazione
Antonella Dipierro
In nome delllamore vivo da sempre. In funzione dell'amore ho sempre dirottato e tradito la mia esistenza. L'amore, io, I'ho imparato attraverso mia madre.
Ho imparato quanto sia luminoso, divino, liberatorio, confortante, quanto possa essere “tutto”, quanto possa essere distorto,
violento, surreale, quanto sia traditore, egoista e quanto, a volte, non esista.
Ho imparato tutto questo attraverso mia madre, attraverso la ferocia del suo amore, del suo amore materno.
Una madre è colei che dà inizio alla vita, è colei che rende possibile l'inizio di un altro mondo, che fa esistere un’altra volta, ancora una volta, il mondo. Nell'atto del concepimento la madre diventa creatrice, generatrice di un corpo che cresce, si espande, che acquista le sue forme, per rivelare, pero, alla fine, la sua trascendenza.
La maternità e, dunque, I'evento in cui ogni madre incontra la dimensione irreversibile della perdita, è I'atto in cui la madre, perdendo il frutto creato dal suo corpo, cessa di essere creatrice. La maternità non è mai un evento della biologia, quindi, ma, innanzitutto, un evento del desiderio, il desiderio di reintegrare quel frutto nel suo corpo, di ripristinare il potere generatore della vita.
Ed è proprio dalla riflessione su questo desiderio e sulla sua degenerazione narcisistica che nasce il mio, di desiderio catartico, di comprenderlo fino in fondo, per sviscerarlo e mostrarne, poi, il cortocircuito che ne consegue. Per svelare il bug che infetta il cervello della donna/madre nell'istante dell'espulsione e che trasforma una condizione cosi bestialmente carnale ed istintiva, nell'incarnazione metaforica della disgregazione del nido familiare in funzione del Sé, al punto da indurla a disconoscere ogni sua mansione naturale e rivelare, all'opposto, un animo di genitrice perfida e mutevole.
Sono storie di vita vissuta, (dis)illusa ed irrisolta che ci riconsegnano una umanità ambigua, ipocrita, sporca [.] in cui delirio, ferocia, insensatezza e-appunto -(dis)umanità si combinano, senza soluzione di continuità, caleidoscopicamente, e di cui Giuva, rimescolandone le carte e mutandone, contaminandone ed accettazione delle proprie origini, in un infinito ritorno al passato, disorientando incessantemente gli spettatori, sempre in bilico tra allegria ecommozione, prede di un riso prima divertito e sfacciato, poi cinico e sadico, che infine diventa amaro e masochistico.
Si generano mostri e modelli che daranno origine ad una serie di catene, umane, capaci di perpetrare la specie, sempre gravida di
insoddisfazioni, di mancanze di attenzioni. Anelanti amore. Fra tragedia, commedia e quel sano trash, su cui l’attore ha costruito un
modo di fare teatro che si assomiglia a pochi, Mamma risulta uno spettacolo disturbante. Anche nel caso della migliore esperienza di
maternità/paternità/figliolanza.